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Economia-Lavoro: una lezione pratica ai Keynesiani


Quel che ho sentito mi ha lasciato davvero perplesso perché, per me, dimostra chiaramente il distaccamento tra modelli economici e vita pratica. La frase sostenuta dai keynesiani, per cui alleggerendo la burocrazia e diminuendo le tasse alle imprese non si otterrebbe praticamente nessun risultato, mentre se lo Stato adottasse una politica industriale allora sì che ripartirebbe l’economia grazie al famoso effetto moltiplicatore, è opinabile così come è opinabile applicare le leggi matematiche alla vita economica reale che è diventata una variabile sempre più mutevole e imprevedibile nel tempo. E’ un po’ come la questione dei cambi fissi  di Bretton Woods rivelatasi  pura teoria . Forse la detta teoria Keynesiana è giusta per le grandi imprese, ma per le piccole proprio no. Essendo studente di economia e lavoratore-apprendista  in una piccola società, ritengo al contrario che le tasse e burocrazia in Italia sono non solo un freno ma un ostacolo insuperabile alle aspettative di un imprenditore medio piccolo. E le aspettative non spiegabili matematicamente hanno ruolo molto importante in Economia. Un esempio pratico può essere quello di una società di casa vacanze che vuole costruire una piscina per favorire l’incoming dall’estero con particolare riferimento agli USA e Paesi anglosassoni . Con tutte le norme a favore del turismo , il progetto  di regola , viene affossato dalla burocrazia che o per corruzione o per paura di incriminazioni  è terrorizzata da applicare le leggi , soggette di regola a mille interpretazioni . Si è così costretti all’abusivismo e quindi al ricatto  di dover chiudere l’attività alla prima denuncia da parte dei vicini invidiosi. Tutto resta immobile per decenni fino al punto che i condoni del 1985 devono ancora essere esaminati e le richieste sono fatte sulle penalizzanti leggi attuali e non su quelle del passato ove permessi e licenze erano molto più semplici da ottenere . Le piccole e medie imprese , quelle fuori dal giro dei grandi appalti con tangenti, devono investire a proprio rischio e pericolo, sotto un ricatto burocratico costante ed ossessivo . Si pensi che la Sopraintendenza di Napoli è arrivata a dire che una mini piscina pertinenziale , ammessa per legge, non sarebbe stata approvata come sanatoria (cioè come approvazione di una esistente ) ma solo come nuova costruzione e cioè dopo una sua distruzione e ricostruzione, senza certezze dei tempi di approvazione . E mentre si aspetta , cosa dire ai clienti esteri ? E poi ci si chiede perché gli investimenti esteri in Italia sono diminuiti negli ultimi anni di una media del 10% all’anno e gli imprenditori sono fuggiti all’estero non per risparmiare le imposte (che pure pesano oltralpe il 50% in meno) ma per avere certezze.
C’è scritto tutto questo (burocrazia e corruzione) nei modelli matematici Keynesiani ? Per me investimenti fatti dallo Stato equivalgono  a costi almeno dieci volte superiori al normale , a sprechi senza freni e a tangenti senza pudore . Basterebbe parlare con degli imprenditori medio–piccoli che le vivono ogni giorno tutti questi problemi per far cadere queste teorie matematiche. D’altronde la ricchezza nazionale è sempre più concentrata in un ristrettissimo numero di persone spregiudicate e non certo più brave degli altri : è questa la nostra differenza con i Paesi più civili e più evoluti del nostro.
Capitolo tasse. Ma è ovvio che esse debbano essere diminuite perché è risaputo il loro effetto di scoraggiare le attività imprenditoriali. E’ naturale che molti italiani si stiano trasferendo oltralpe per aprire le loro attività imprenditoriali li. In quei posti la tassazione sulle imprese è di circa il 25%. In Italia se fai un buon investimento (tu imprenditore al 100% assumendotene i rischi ) ed ottieni 100  di margine i 2/3 di esso vanno a finire nelle casse dello Stato che non solo non rischia ma addirittura non ti dà i servizi che dovrebbe. Che ne pensano i Keynesiani ?
Inoltre sulla politica industriale dello Stato  bisogna spenderci due parole. Lo Stato che fa  l’imprenditore utilizza il denaro delle nostre tasse e non sempre , anzi quasi mai, il suo scopo  è quello di produrre ricchezza o bene comune . Troppo spesso ci sono sprechi , incapacità, fini personali o elettorali, mancati controlli di come si spendono questi soldi . La Storia del nostro Paese, raccontata dai Media di tutti partiti ,  docet . E’ naturale invece che un  imprenditore privato faccia di tutto per sfruttare il proprio capitale nel modo più efficiente possibile, cercando di cogliere le vere opportunità di mercato. Se il progetto fallisce, fallisce l’imprenditore , se gli investimenti statali falliscono , si aumentano le tasse e via ! Così si arriva  alle oramai strutturale crisi economica attuale da cui nessuno, tranne i tangentisti, uscurà indenni .
Ultimo appunto. Io non capisco come il PIL possa divenire uno strumento supremo di giudizio. Il PIL considera solo il lavoro remunerato ufficialmente ( quindi quello in nero, componente elevata in Italia non è conteggiata ), mentre tutto ciò che produciamo senza essere remunerati non viene mai conteggiato. Se uno si riguardasse la storia stessa del PIL forse scoprirebbe che esso nasce solo come uno strumento di previsione teorica .
 

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