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Professioni: imprenditori,managers e apprendisti stregoni

Premettiamo che il presente articolo, che racconta esperienze di oltre 40 anni di carriera vissuta nel confronto con professionisti italiani ed esteri, non vuole mettere in dubbio il ruolo di tale importante supporto all’attività manageriale-imprenditoriale ma solo chiarire che l’atteggiamento del cliente che si affida totalmente ed in modo acritico al professionista è estremamente pericoloso . Di norma infatti un imprenditore è un soggetto che non conosce la materia normativa legale-fiscale-commerciale perché il suo successo non è legato alle norme e alle leggi, che vengono viste come delle catene alla sue creatività,ma al suo intuito di vedere in anticipo quello che accadrà in campo economico e capacità di rischiare per raggiungerei conseguenti  obiettivi futuri. I professionisti che lo assistono hanno il ruolo di verifica che le idee imprenditoriali sia compatibili con le regole del Paese ove essi operano. Per interpretare questo confronto di mentalità è indispensabile un figura intermedia e cioè quella del manager, cioè del progettista  che capisce l’idea imprenditoriale e al tempo stesso ha il decisionismo e quella conoscenza generale  delle regole da utilizzare per raggiungere gli obiettivi.
Mancando nelle piccole aziende la figura intermedia ma indispensabile del manager , capita spesso che tale ruolo venga assunto da un commercialista o da un avvocato aspiranti  “professionisti d’affari”. Ma non tutti, anzi molto pochi, sono all’altezza della funzione e quindi l’imprenditore non si può mai permettere di affidarsi completamente a loro.
Raccontare queste esperienze vissute da chi ha svolto in oltre 40 anni di carriera prima il ruolo di dirigente bancario, poi di manager e infine di imprenditore , deve quindi essere interpretato non come una critica ma un servizio ad una categoria ma come un utile avvertimento a vantaggio della salvaguardia delle imprese . Aggiungo solo che il mio titolo di studio è quello di ingegnere e quindi le mie analisi  sono baste  sulla logica, tipica dell’impostazione della facoltà universitaria prescelta,unita con una tendenza progettuale su base visiva allargata e non specialistica nell’affrontare i problemi. In pratica, sono caratteristiche tipicamente manageriali, diverse sia da quelle imprenditoriali sia professionali. 
Inizio con la mia esperienza di funzionario bancario responsabile prima del settore tessile a Prato (Fi) e poi del settore ceramico a Sassuolo (Bo) .Spesso mi trovavo di fronte consulenti che, pur di far risparmiare imposte ai loro clienti, progettavano operazioni di ingegneria finanziaria così complesse da risultare, come gestione, di un costo superiore rispetto alle minor imposte conseguite. Senza parlare poi di quelle a rischio che erano di moda negli anni  novanta quali il creare società all’estero in Paesi poi inseriti negli anni duemila nella black list , con pretese di pagamento di tali operazioni oltre tre volte superiori  rispetto al costo effettivo e rischi conseguenti per i clienti mal informati.
A Roma , ricevetti l’incarico di revisionare una finanziaria che prestava soldi a privati e formalmente appariva in ottimo stato di salute, per i sospetti insorti ad uno dei soci al quale , essendo molto ricco, le banche avevano chiesto la sua fidejussione  per gli affidamenti della società. Scavando  nella contabilità  venne fuori sia che  le insolvenze venivano sanate chiudendo apparentemente il prestito  non rimborsato sostituendolo con un nuovo affidamento sia che i vertici svolgevano la medesima attività a livello personale in concorrenza con la società utilizzata per concedere fidi ai loro clienti insolventi. Non se ne era accorto nessun professionista impegnato alla forma contabile e a quella legale dei contratti.
Racconto  ,sempre a Roma,  un  evento spiacevole, in una banca d’affari BNL in cui rivestivo la carica di Direttore Generale,  responsabile anche dell’ufficio Legale per i patti parasociali  da me redatti sulla base di un’altra precedente esperienza nel settore del merchant banking ,settore  all’epoca, negli annii ottanta, quasi sconosciuto in Italia . Pur avendo il know how di detti patti, la Banca mi impose di farli firmare da un avvocato per prassi interna . Con detto professionista facemmo un accordo verbale che detti patti li avrei scritti io e lui li avrebbe solo revisionati e firmati. Tutte le sue parcelle di un certo rilievo furono pagate a saldo, anche se di fatto ci metteva solo la firma, senza aggiungere mai nulla. Quando la politica della banca d’affari cambiò indirizzandosi più verso le consulenze (che non richiedevano accordi parasociali) che non investimenti, il lavoro diminuì e , nonostante il pagamento a saldo, il predetto avvocato si fece vistare un supplemento di importo delle parcelle da parte dell’Ordine degli avvocati , in base agli importi trattati, e pretese un ulteriore pagamento che la banca fu costretta a pagargli, come se gli accordi parasociali li avesse fatti lui.
Un mio amico  imprenditore napoletano affidò poi una serie di cause ad uno studio legale collegato ad un suo socio. Dopo l’insorgere di contrasti e  separazione tra soci  , dovette pagare per dette cause delle parcelle, sempre vistate dall’Ordine degli avvocati, molto superiori alle attese concordate e nonostante che dette cause fossero state in gran parte perse.
 Da allora gli accordi legali, ove possibile, li faccio senza avvocati e , quando necessario, solo dopo aver messo comunque per scritto le competenze professionali diverse a seconda del “success fee” o meno della causa.
Sui fiscalisti napoletani c’è poi un noto film che mostra le loro tecniche e cioè mettere del formaggio nelle pratiche affinchè i topi le mangino facendole sparire. A quanto mi risulta, almeno a livello di funzionari corrotti di cui avevo notizia indiretta ante anni duemila , la storia non è di fantasia pura (pare che il formaggio lo mettevano i funzionari delle imposte che non praticavano la disinfestazione).
Divenuto Amministratore Delegato di un’altra banca d’affari “public Company” , da me progettata, facente capo ad imprenditori di vari settori produttivi e varie Regioni , affidai a degli affermati commercialisti di Napoli, consiglieri e sindaci d’amministrazione anche di banche, l’incarico di far entrare nel capitale dei selezionati imprenditori Campani. Furono reperiti , versarono il capitale e poi, consigliati da detti professionisti, chiesero un finanziamento alla “Public Company”. Venendomi il sospetto sulla legittimità di tale operazione, mi informai da altri e mi documentai arrivando alla conclusione che  se avessi concesso un finanziamento ai soci sottoscrittori del capitale, avrei commesso un reato. Fortunatamente l’uso della logica , anche in mancanza di conoscenza della specifica materia, mi salvò .
Tra le mie esperienze come Amministratore della suddetta banca d’affari , ci fu anche quella  di assistere un cliente imprenditore edile fallito che aveva prestato la propria fidejussione alle banche. Andando a parlare con i molti primari professionisti di Bologna che lo assistevano anche per capire il perché una persona patrimonialmente solidissima fosse fallito per una temporanea crisi di liquidità. Mi venne risposto che si erano trovati di fronte ad un caso irrisolvibile per questioni caratteriali dell’interessato. Presi in carico il problema e , dato che il rapporto tra scoperto e patrimonio era di 1 a 50, lo risolsi in meno di un mese offrendo la garanzia della mia banca d’affari controgarantita da una procura a vendere  taluni beni dell’imprenditore.
Un altro caso simile per carattere , patrimonio del cliente e temporanea illiquidità , mi venne presentato a Macerata ma stavolta arrivai troppo tardi, dato che la situazione con le banche si era inasprita a tal punto da diventare irreversibile, anche offrendo garanzie della mia merchant bank . Fu allora che capii la differenza tra una tipologia di  professionista impegnato su vari fronti per tanti clienti e tanti problemi con impostazione occasionale (la maggioranza) ed un’altra dedicata e responsabilizzata in modo continuativo a pochi problemi per selezionati clienti (una stretta minoranza) . Due mondi totalmente diversi, un po’ come la differenza tra medico della mutua e specialista , differenza d’impostazione da tener ben presente per chi ha problemi seri e non si può permettere distrazioni rivolgendosi ad unn “generico” che si spaccia per specialista.
Un altro mio amico imprenditore , socio di minoranza e creditore di una fallita società romana , incaricò degli affermati professionisti bolognesi di capire il motivo del fallimento della sua debitrice e le possibilità di recupero del credito. Fu impostata un’opposizione al fallimento basata unicamente sulla forma della procedura invece che sulla sostanza che non era corretta , prova ne è che il giudice poi fu arrestato per  irregolarità che erano da denunciare (non era stato fatto dai professinisti) consistenti nell’aver utilizzato degli avvisi di garanzia come deterrente per i creditori che perdevano potere contrattuale nel far valere le proprie ragioni, favorendo i creditori professionisti rispetto ai creditori imprenditori. Il mio amico,a causa di tale grave errore d’impostazione professionale ha perso 5 milioni di euro . Più che di errore professionale comunque credo che si sia  trattato di indisponibilità  a contrapporsi con colleghi, un’altra caratteristica  della maggioranza dei professionisti  che si criticano fin troppo tra di loro ma non si denunciano mai soprattutto quando si sconfina nel penale. Ovviamente i professionisti bolognesi si sono regolarmente fatti pagare le parcelle. Dopo tale primo insuccesso sempre il mio amico pensò bene di abbandonare i professionisti bolognesi e rivolgersi a professionisti romani ben introdotti con il Tribunale di Roma per proporre un concordato fallimentare. Fu messo a punto e presentato un progetto decisamente più conveniente per i creditori e quindi tale che sarebbe dovuto essere accettato dal Tribunale con altissime probabilità ma fu invece bocciato. Perché ? Perché detti esperti romani , nonostante la lunga esperienza in materia, sbagliarono la forma spedendo freddamente la proposta di concordato per posta invece di andarla a consegnare a mano alle banche per spiegarla e ossequiarle. Le banche creditrici non lessero o non capirono i vantaggi e quindi la bocciarono . Ovviamente i professionisti si fecero comunque pagare una parcella di 50.000 € .
Un altro mio amico mi ha raccontato una sua esperienza in un primario  studio d’affari  milanese dove lavorava prima di mettersi in proprio  ed entrare nel merchant banking e diventare banchiere d’affari. In detto studio si era presentato un cliente che aveva chiesto assistenza per una valutazione della sua azienda  che era oggetto di compravendita. Avendo il mio amico scritto un libro sul tema delle valutazioni aziendali si era messo a tavolino e in poche ore , esaminati i dati aziendali che gli erano stati presentati, aveva redatto una relazione di una pagina con indicazione del valore dell’azienda. Aveva quindi presentato il suo breve report al responsabile dello studio il quale aveva bocciato a priori l’impostazione che andava nella direzione opposta di quella dello studio di “complicare gli affari semplici”. Quella pagina infatti  è poi diventata una relazione di cinquanta pagine che , comunque, arrivava allo stesso identico valore d’azienda individuato dal mio amico. In pratica l’impostazione sbagliata non era nella sostanza ma nella forma di presentazione che doveva giustificare una parcella almeno dieci volte superiore da pagare da parte del cliente.
Sempre a Milano , un prestigioso studio d’affari incaricato di acquistare una società del Mezzogiorno d’Italia, ha condotto la “Due Diligence” indispensabile per la trattativa sulla base di un questionario “quiz” senza mai trattare con il management operante in prima fila su un territorio difficile e denso di imprevisti. E’ esattamente l’opposto delle regole derivanti dall’esperienza di oltre 40 anni di lavoro dove il fattore umano e ambientale in un Paese come l’Italia sono variabili fondamentali per giudicare l’opportunità o meno di un acquisto. Io ero amministratore unico di detta società , mai contattato, che avevo impiegato 15 anni di duro lavoro per farla affermare superando ogni genere di difficoltà. La società , da me progettata con 100.000 € di capitale è stata acquistata a 7 milioni di euro, valore per me assolutamente sproporzionato (forse per questo non ero stato mai contattato né mi è stato richiesto di restare).
Termino la panoramica italiana con un incontro-scontro con un studio di Bolzano che aveva assistito un mio amico in un appalto immobiliare. Venutone a conoscenza per un richiesto parere avevo illustrato tutta una serie di errori legali che, secondo me, erano stati fatti . Per questo il mio amico mi aveva invitato ad un confronto con detto studio di Bolzano che disponeva di uffici prestigiosi. Diciamo che le mie osservazioni furono accolte con un atteggiamento di sufficienza , soprattutto dopo aver saputo che non ero né un commercialista né un avvocato ma un semplice ingegnere, escludendo variazioni contrattuali. Ritornato nel mio ufficio mi misi a computer e scrissi tutte le mie critiche al contratto e le inviai per e-mail certificata al predetto studio di Bolzano. Non ebbi risposta ma il contratto fu cambiato. 
Pensando che questo panorama fosse tipicamente italiano dato che , come si sa, siamo un popolo di furbi o presunti tali , sbarcando per alcuni occasioni di lavoro prima in Svizzera , da cui scappai subito dopo la mia esperienza e poi in Austria pensavo di incontrare realtà totalmente diverse. Nel primo caso , un’esperienza che è rimasta breve e unica, si verificò un caso come quello descritto di quel professionista milanese e cioè di operazioni montate ad arte senza nessun vantaggio pratico per il cliente, ferme restando le alte parcelle. Mi vennero in mente le parole  di un mio collega che diceva che da sempre gli svizzeri erano nella loro natura del “briganti” con cui era meglio non fare affari. Diversa è l’esperienza successiva dell’Austria, dove ho lavorato per ben 10 anni, ferma restando l’insoddisfacente assistenza consulenziale , la sua origine non deriva dalla furbizia ma dalla totale mancanza di  elasticità mentale, male che produceva gli stessi effetti.
Vediamo degli esempi pratici direttamente vissuti .
Nella creazione di una società austriaca che avrebbe dovuto operare in campo alimentare  esportando prodotti in USA,  il principale studio commerciale di zona ha  prodotto uno statuto in tedesco senza darne alcuna spiegazione ai soci italiani . Detto statuto si è rivelato un autentico incubo per la miriade di vincoli posti dal predetto studio senza alcuna autorizzazione e assolutamente non rispondenti al volere dei soci fondatori . Facciamo riferimento in particolare a : diritto non solo di prelazione  ma addirittura di  gradimento nella compravendita di quote della società , un numero di giorni molto superiore a quelli di norma richiesti nelle convocazioni delle Assemblee e , infine, una clausola di recesso per i soci che volessero essere liquidati per uscire dalla società. Si aggiunge che l’atto notarile di costituzione risultava palesemente irregolare dato che doveva essere redatto bilingue per legge non conoscendo i soci la lingua tedesca e non avendo ricevuto alcuna spiegazione preventiva né rilasciato dichiarazioni al riguardo. Tale disservizio ha creato danni e spese a carico della società e per risolvere il problema ci si è dovuto rivolgere ad un altro professionista  bilingue d’origine italiana.
Una compravendita di quote  regolarmente redatta da un  notaio austriaco è poi svanita nel nulla .Il Tribunale non l’ha mai registrata  né ha mai inoltrato alcuna richiesta di chiarimenti e il notaio è scomparso anche lui senza fornire alcuna spiegazione (  fortunatamente anche senza richiedere alcuna parcella) .Pare che il problema fosse nella tipologia  dell’acquirente che era un club vacanze italiano regolarmente iscritto all’Agenzia delle Entrate, dotato di codice fiscale, con permesso statutario di assumere partecipazioni  e con soci fondatori costituiti da  cittadini italiani . Prima di fare l’atto era stato chiesto preventivamente , con mesi di anticipo, se la documentazione presentata  era sufficiente a fare l’atto  e di informarsi presso il Tribunale se tale tipo di associazione , senza scopi di lucro e quindi non dotata solamente di Partita IVA, fosse accettata in Austria . Se il notaio ha fatto l’atto, a rigor di logica,  si deve presumere che detto sondaggio  sia stato positivo . Non se ne sa più nulla.
Un altro fatto riguarda  l’acquisto di un appartamento . Si era a conoscenza della differenza tra prima e seconda residenza . Dette seconde  non comportano l’avere la residenza , attentamente controllata  in Austria,  e  rappresentano  numericamente circa un quarto  del totale del mercato ed hanno  conseguentemente un valore superiore. Anche in tal  caso il compromesso  era stato firmato come II residenza ma anche qui  l’atto era stato redatto solo in tedesco e quindi l’acquirente italiano non si era potuto rendere conto che la II residenza era stata richiesta ma doveva essere ancora formalizzata . In questo atto è stato inoltre incluso, sempre all’insaputa dei soci italiani, anche l’incarico ad un avvocato di seguire la procedura di ottenimento di tale importante titolo , lavoro che è durato due anni senza fornire alcuna informazione né verbale né documentale . Al termine di detto lavoro è stata presentata e pagata una parcella a carico dell’acquirente. La documentazione è poi stata consegnata dal predetto avvocato condizionatamente al detto pagamento.
Altra vicenda riguarda poi una richiesta ad un affermato professionista dell’Alto Adige  di urgentissima convocazione di Assemblea straordinaria per cambiamenti statutari richiesti da un potenziale socio investitore  nell’iniziativa austriaca . Detto professionista a sua volta si era rivolto ad un corrispondente austriaco  per  l’organizzazione materiale  della seduta ma , di fatto, scaricando tutto su detto corrispondente. La richiesta era stata  fatta a luglio , prima delle ferie estive , ma nulla era stata fatto fino settembre per inspiegabili motivi. Dopo pressanti pressioni il corrispondente austriaco parte in quarta convocando lui l’Assemblea , invece di farlo fare all’amministratore che attendeva sue indicazioni per inviare le raccomandate. Detta irregolare convocazione viene fatta commettendo oltretutto grossolani errori in contrasto con lo Statuto , tra cui il mancato rispetto  del numero minimo di giorni d’inoltro delle raccomandate rispetto alla data della seduta. In pratica l’Assemblea non risulta validamente convocata a fine ottobre e il notaio si rifiuta , giustamente, di tenerla. Essendo trascorsi 4 mesi dalla richiesta di variazioni statutarie, il potenziale investitore rinunzia di entrare nella società in cui avrebbe dovuto apportare affari e 100.000 € d’aumento di capitale.  Il predetto corrispondente, responsabile del danno provocato all’iniziativa, si permette di presentare una parcella professionale di 2.500 € che, ovviamente, viene contestata e non pagata dalla società che, per contro, si riserva di procedere per danni. 
Conclusioni
All’apparire all’orizzonte del termine della mia carriera, posso finalmente affermare di  disporre di professionisti “perfetti” e cioè che esprimono i loro pareri tecnici  senza mai entrare  nelle mie scelte strategiche . In pratica non utilizzo “professionisti d’affari” che per la maggioranza dei casi sono poi solo presunti tali. Il segreto ? Sono due : primo, di non delegare mai il ruolo decisionale che spetta a chi rischia  e non a chi consiglia e , secondo, avere il coraggio mutare detti fornitori   di servizi fino a trovare la persona giusta : Ma per  fare questo necessita che non siano dei confidenti e cioè a conoscenza di tutto ciò sta nella mente dell’imprenditore.

 


 
 

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